Documento aggiornato il 16-10-2009
Il conglomerato bituminoso, più comunemente indicato come asfalto, viene utilizzato per la pavimentazione delle strade e si ottiene mescolando a caldo bitume ed inerti. Il bitume è il residuo della raffinazione del petrolio, si presenta come un liquido molto viscoso di colore marrone scuro o nero ed è composto da oli aromatici, oli saturi, asfalteni e resine.
Gli impianti sono in genere di considerevoli dimensioni con altezza non inferiore ai 10 metri e con camini di 20-25 metri; hanno bisogno di superfici ampie per lo stoccaggio delle materie prime e per la loro movimentazione.
Il processo di produzione dei conglomerati bituminosi prevede in primo luogo l’essiccazione degli inerti (sabbia, ghiaia e fresature dell’asfalto derivanti dalla demolizione stradale); il materiale inerte, stoccato in cumuli all’aria aperta, viene prelevato con mezzi meccanici e convogliato in un forno di acciaio rotante con palettatura interna e poi passato nei vagli che dividono il materiale per granulometria. Il bitume è invece conservato in silos e riscaldato a circa 150° per essere reso fluido. Per ottenere un prodotto più liscio si aggiungono anche dei filler (cioè inerti con granulometria molto fine). L’ultima fase del processo produttivo prevede il mescolamento a caldo degli inerti essiccati e del bitume per ottenere l’asfalto, che viene poi stoccato in silos in attesa di essere caricato su camion.La produzione del conglomerato bituminoso non è continua durante il corso dell’anno ma dal momento che sono lunghi i tempi per riavviare gli impianti essi di norma sono tenuti al livello minimo di funzionamento.
Impatto ambientale
Gli impianti per la produzione di conglomerati bituminosi oltre ad esporre i lavoratori a molti rischi per la presenza di agenti chimici pericolosi o cancerogeni, rumore, vibrazioni, ecc., hanno un forte impatto sul territorio e sulla popolazione. Purtroppo pur essendo riconosciuti dalla normativa come “industrie insalubri” i loro molteplici effetti sono stati ancora poco studiati soprattutto a livello nazionale.
Emissioni nell’aria. L’impatto più significativo di una industria di conglomerati bituminosi è senza dubbio rappresentato dall’emissione nell’aria di inquinanti. Questi derivano dai processi di combustione dei bruciatori, dalla lavorazione degli inerti, dal riscaldamento del bitume e dai mezzi per la movimentazione e il trasporto. Il bitume in sé non è considerato cancerogeno per l’uomo dalla Agenzia Internazionale per la Lotta del Cancro (IARC), ma sono possibili cancerogeni gli estratti del bitume, il bitume raffinato all’aria e le miscele. Anche il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health del governo USA) segnala i fumi di asfalto come potenziali cancerogeni per i lavoratori.
Come già accennato è stata segnalata da più parti la carenza di studi sulle conseguenze delle emissioni delle fabbriche di asfalto nella popolazione, ma sono numerose le analisi svolte tra i lavoratori del settore.
I principali inquinanti sono:
- Materiale particellare (PM10 e PM 2,5). Si indicano anche come polveri fini o finissime o più comunemente come polveri sottili e penetrano nell’apparato respiratorio tramite inalazione. Più il particolato è fine più è pericoloso perché si spinge in profondità (le particelle inferiori ai 2,5 μm arrivano fino agli alveoli)i.
- Composti organici volatili (VOC). Rientrano in questa categoria 300 composti con diverse caratteristiche chimico-fisiche. Sono definiti volatili per la tendenza a evaporare a temperatura ambiente. Tra questi ci sono alcune sostanze di accertata tossicità/cancerogenicità come gli idrocarburi aromatici (il benzene e i suoi derivati) e gli aldeidi (in primo luogo la formaldeide).
- Idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Sono composti poco volatili che non si sciolgono nell’acqua e tendono ad accumularsi nei tessuti adiposi degli organismi. Nell’aria si propagano in parte in forma gassosa e in parte sono trasportati dalle polveri sottili. Alcuni IPA sono stati riconosciuti come cancerogeni dall’Unione Europea e dall’EPA (Environmental Protection Agency)ii.
L’Unione Europea classifica come cancerogeni di categoria 2 con frase di rischio R 45 (Può provocare il cancro) i seguenti IPA: Benzo[a]pirene, Benzo[a]antracene, Benzo[e]acefenantrilene, Benzo[j]fluorantene, Benzo[k]fluorantene, Benzo[a,h]antracene, Crisene, Benzo[e]pireneiii.
Una direttiva della Comunità Europea specifica che non esiste una soglia identificabile al di sotto della quale queste sostanze non comportano un rischio per la salute umanaiv.
Gli IPA sono poco solubili in acqua e dunque quando arrivano in ambiente acquatico si depositano principalmente nei sedimenti. Questo comporta che da un lato gli IPA vengono immobilizzati, ma dall’altro questi vengono lentamente rilasciati. Di norma gli IPA si trovano in basse quantità nelle acque potabili. La necessità di più approfondite verifiche a questo proposito è segnalata anche dalla direttiva CE 107/2004: “occorre tenere conto dell’accumulo di queste sostanze nel suolo e della protezione delle acque freatiche. Per agevolare la revisione della presente direttiva nel 2010 la Commissione e gli stati membri dovrebbero promuovere la ricerca sugli effetti di arsenico, cadmio, mercurio, nickel e Idrocarburi Policiclici Aromatici sulla salute umana e l’ambiente, segnatamente attraverso la deposizione.”
Per produrre l’asfalto in passato si usava anche il catrame, un derivato dalla distillazione del carbon fossile che ha un contenuto di IPA 10.000 o 100.000 volte maggiori del bitume. Il riciclo del vecchio asfalto sfresato (se non controllato) potrebbe portare un consistente inquinamentov.
- Ossidi di Azoto (NOx). Il biossido di azoto ha un potere irritante e favorisce la formazione di inquinanti secondari come l’ozonovi. Non è facile distinguere gli effetti del biossido di azoto dagli altri inquinanti che derivano dalle combustioni e con i quali si trova associato. E’ comunque stato registrato un peggioramento dei problemi all’apparato respiratorio, soprattutto nella popolazione infantile, in presenza di concentrazioni di biossidi di azotovii
- Ossidi di Zolfo (SOx). Sono nocivi per gli uomini soprattutto perché tendono a formare l’acido solforoso; sono dannosi anche per le piante e ne rallentano la crescita anche a basse concentrazioni. viii
- Ossidi di Carbonio (COx).
- Metalli pesanti. Un rapporto relativo a impianti di produzione di asfalto negli USA ha registrato la presenza di metalli pesanti (antimonio, arsenico, berillio, cadmio, cromo, cobalto, manganese, mercurio, nichel, piombo e selenio).
Aggiungiamo inoltre che l’olio combustibile BTZ e gli oli diatermici utilizzati in alcuni impianti per riscaldare il bitume sono riconosciuti sicuramente come cancerogeniix.
Gli effetti negativi degli inquinanti ricordati spaziano da disturbi di lieve e media entità (bruciore delle mucose, irritazione agli occhi, problemi all’apparato respiratorio ecc.) ad un aumento di gravi patologie poiché come già segnalato alcune sostanze sono di sospetta o accertata cancerogenicità.
Sono molto allarmanti i dati relativi alle malattie che possono insorgere nei bambini che sono più esposti ai pericoli dell’inquinamento rispetto agli adulti. Si tenga presente infatti che i bambini respirano più rapidamente degli adulti, anche perché sono spesso in movimento e passano molto tempo all’aria aperta; essi inalano una quantità maggiore di inquinanti rispetto al peso corporeo e sono particolarmente vulnerabili perché il loro fisico è in fase di crescitax. Studi americani e inglesi hanno evidenziato tra le popolazioni residenti vicino ad industrie per la produzione di asfalto o che emettono gli stessi inquinanti un preoccupante aumento di tumori e leucemie nella popolazione infantilexi. Il dott. R. Weislerxii denuncia un aumento nella popolazione di Salisbury (dove è ubicata una fabbrica di asfalto) di diverse patologie nella popolazione infantile compresi tumori al cervello e mielomi molto rari.
Impatto acustico. La diffusione di rumore delle fabbriche di asfalto è notevole, soprattutto nelle fasi di lavorazione che prevedono il trattamento degli inerti; si segnala a tale proposito che l’acusia è una malattia professionale particolarmente significativa nei lavoratori del comparto.
Traffico pesante: l’insediamento di un impianto di conglomerati bituminosi comporta un fortissimo aumento del traffico pesante. Le materie prime arrivano allo stabilimento con autocisterne (per il bitume) e autoarticolati (per gli inerti), altri autoarticolati portano via l’asfalto. Per un impianto che produce 100.000 tonnellate di asfalto all’anno sono necessari solo per il trasporto del prodotto finito 3.500-4.000 mezzi, che compiono naturalmente il viaggio di andata e di ritorno. Si ricorda inoltre che il trasporto del bitume è considerato pericoloso ed è soggetto a particolare normativa per le notevoli conseguenze che può comportare un incidente e relativo sversamento del contenuto delle autocisternexiii.
i S. Montanari, A.M. Gatti, Nanopatologie: cause ambientali e possibilità di indagine, in Ambiente Risorse Salute n. 110, Settembre/Ottobre 2006, pp. 18-24.
ii F. Belpoggi, M. Padovani, M. Soffritti, Inquinamento atmosferico delle aree urbane e rischio di cancro, in Eur. J. Oncol., vol. 10, n. 1, 2005, pp. 31-35; Economic and Social Council of the United Nations, Health risks of persistent Organic Pollutants from long-range transboundary air pollution, giugno 2002; Presenza di Idrocarburi Polinucleari Aromatici nei derivati del bitume: un rischio per l’ambiente?, Dipartimento di Chimica Organica “A. Mangini” facoltà di Chimica Industriale, Bologna, scaricabile dal sito del Comitato Salute Pubblica Noce (www.comitatonoce.wordpress/com).
iii Direttiva 2001/59/CE recepita in Italia con il decreto del Ministero della Salute del 14 giugno 2002 (supplemento Ordinario alla G.U. n. 244 del 17 ottobre 2002).
iv Direttiva 2004/107/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004 concernente l’arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell’aria e ambiente.
v Presenza di Idrocarburi Polinucleari Aromatici nei derivati del bitume: un rischio per l’ambiente?, Dipartimento di Chimica Organica “A. Mangini” facoltà di Chimica Industriale, Bologna, scaricabile dal sito del Comitato Salute Pubblica Noce (www.comitatonoce.wordpress/com).
vii World Health Organization, WHO Air quality guidelines for particulate matter, ozone, nitrogen dioxide and sulfur dioxide, Global update 2005, Summary of risk assessment.
ix INAIL. Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione, Impianti di produzione dei conglomerati bituminosi valutazione e contenimento dei rischi lavorativi, Milano 2004.
x L. Zeller, The Danger to Children from Exposure to Hydrogen Sulfide, ottobre 2003, pubblicato in rete.
xi Childhood Cancer and Pollution, pubblicato in Rachel’s Environment & Health Weekly dall’Environmental Research Foundation; G. Knox, Chilhood cancers and atmospheric carcinogens, in Journal of Epidemiological Community Health, 2005.
xii R. Weisler, Childhood brain cancer near asphalt industry in Salisbury, North Carolina (USA), gennaio 2003, pubblicato in rete.
xiii Molti ricorderanno l’incidente avvenuto in Cina nel 2006 a seguito del quale si riversarono tonnellate di bitume nelle acque del fiume Dasha.